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Curriculum Vitae Foto 1 - 2 - 3Disegni 1 - 2 - 3
Gaetano Messineo si è iscritto all’Università di Palermo nell’anno accademico 1962-63 e si laureato perfettamente in corso nel 1967, con una tesi dal titolo "La villa e i mosaici di Piazza Armerina attraverso la storia degli studi", ancora conservata nell'archivio della Sezione archeologica del Dipartimento di Beni
Culturali a Palermo. L’ho conosciuto appena laureato durante il mio primo
anno di Università e ricordo ancora la cordialità che lo
contraddistingueva e la simpatia che ispirava a noi più giovani, che con un certo timore reverenziale iniziavamo a frequentare l’Istituto di Archeologia. Nei quattro anni di corso ha avuto come maestri A. Adriani, C.
Brandi, T. De Mauro, E. Manni, B. Lavagnini, J. Bovio Marconi. Superò tutti gli esami con la votazione di trenta e trenta e lode. Negli anni 1964 e 1965
partecipò alle campagne di scavo ad Himera dirette da A. Adriani.Nel novembre del 1967 lasciò Palermo, dopo aver vinto una borsa di
studi presso la Scuola Nazionale di Archeologia a Roma, che frequentò
assiduamente per i primi due anni. Come previsto per i borsisti, il III anno di
corso lo passò ad Atene, presso la Scuola Archeologica Italiana. Il
direttore della Scuola, prof. D. Levi gli confermò la borsa per un secondo anno,
con l'incarico di studiare la ceramica figurata di Lemno, rinvenuta da A. Adriani
negli scavi da lui condotti tra le due guerre. Nel 1972-73 fu assistente
volontario alla cattedra di Archeologia e Storia dell’Arte greca e romana, tenuta dallo
stesso Adriani, nell’Università di Roma. Poco tempo dopo entrò nei ruoli dei funzionari direttivi delle
Soprintendenze, prima a Chieti presso la Soprintendenza dell’Abruzzo-Molise e poi
presso la Soprintendenza di Roma. Furono per lui due decenni e più di
attività operosa, di dedizione al lavoro, di vita spesa al servizio dello Stato
nella difesa e nella tutela dei beni culturali, dei monumenti e dei siti archeologici.
Nel suo ruolo operò sempre con il massimo rigore, e se qualche asprezza di modi
o di carattere gli può essere addebitata, è perché l’assoluto rispetto delle
leggi e delle normative ispirò sempre la sua azione, in tempi certamente non
facili. Contemporaneamente si dedicò a una importante attività di ricerca e di studio, di cui rimangono le sue numerose pubblicazioni, tra cui ricordiamo -
tra le più recenti - il lavoro sui Saxa Rubra,
del 2007, quello sulla Villa di Livia ad Gallinas Albas del 2001, il volume sulla Tomba dei Nasonii
del 2000. Ma non meno importanti, a mio parere, sono il fervore e la vivacità con
cui si dedicò alla promozione dei beni culturali e alla divulgazione dei
risultati della ricerca, in stretto contatto con le associazioni culturali, in primo luogo
con Italia Nostra e con gli archeoclub delle località in cui operava. Una attività
durata decenni, con grande successo e seguito, che spesso si affiancava all’organizzazione
- per gli iscritti alle associazioni e per gli amici - di viaggi di
studio, duranti i quali faceva da guida ai siti monumentali e archeologici del paese
visitato, dimostrando sempre vasta cultura e competenza, non limitata all’archeologia, espresse con modestia e stile, che rendevano a noi particolarmente
graditi questi viaggi, cui pure io ho avuto la ventura di partecipare e di cui
conservo un piacevole ricordo. Sono stato suo compagno di studi nel 1971 alla Scuola Archeologica
Italiana ad Atene, frequentazione che rinsaldò la nostra conoscenza e fu l’inizio
di una lunga amicizia durata fino alla sua morte. Quando gli eventi lo
costrinsero a lasciare l’Amministrazione dei Beni Culturali, passando all’Università
dell’Aquila, dove insegnò alcuni anni, ottenendo tra gli studenti lo stesso
successo che aveva avuto nel suo ruolo precedente, Gaetano sentì il bisogno
di tornare alle origini e di progettare una ricerca archeologica in Sicilia,
nelle sue Madonie e nel suo paese, Petralia Soprana. Organizzò quindi, con la
partecipazione dei suoi studenti, e diresse due campagne di scavo nel sito di
Santa Marina, nella proprietà della sua famiglia, il sito di una villa
romana che conosceva da bambino e che certamente ebbe un ruolo decisivo nella sua
passione precoce per l’archeologia. Poiché anch’io e il mio gruppo di lavoro operavamo nelle Madonie
con ricerche di superficie e con prospezioni archeologiche e con lo scavo di
Vallone Inferno a Scillato, fu naturale incontrarci di nuovo e preparare
un progetto comune di indagini nell’area, che si concretizzò anche con una
convenzione tra il nostro Dipartimento di Beni Culturali di Palermo e il
Dipartimento di Storia e Metodologie comparate dell’Università dell’Aquila. Un progetto
che purtroppo non si è potuto attuare con quella ricchezza di indagini e quella
continuità che avevamo immaginato. La scomparsa di Gaetano è per noi, suoi amici e colleghi di
lavoro, una grave perdita, ma lo è ancora di più per l’archeologia e l’università
italiana che ancora per alcuni anni lo avrebbero visto protagonista. Ne conserviamo il
ricordo e di lui ci rimangono l’esempio e i suoi scritti.
Oscar Belvedere
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